Il negligente, Parma, Monti, 1752 (Lodi, Il trascurato)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di Filiberto.
 
 FILIBERTO a sedere e LISAURA
 
 FILIBERTO
 Possibile che un giorno
 non posso star senza pensare a niente?
 Con questo tutto il dì rompermi il capo,
 figlia troppo crudele,
5mi farete morir. Voi lo sapete,
 io bramo la mia pace,
 faticare, pensar m’annoia e spiace.
 LISAURA
 Ah caro padre, come mai potete
 goder la vostra pace
10con una lite intorno
 che se noi la perdiamo
 miserabili affatto oggi restiamo?
 FILIBERTO
 E ci ho da pensar io?
 Vi pensa il mio causidico.
15Egli sa il suo mestiere;
 io lo pago e non voglio altro pensiere.
 LISAURA
 Quant’è che a ritrovarlo non andate?
 FILIBERTO
 Stamattina v’andai.
 LISAURA
                                       Lodato il cielo.
 Gli parlaste? Che ha detto?
 FILIBERTO
20Era uscito di casa.
 LISAURA
 Non la finite mai d’uscir dal letto.
 Mai ben le cose vostre andar non ponno.
 FILIBERTO
 Oh che dolce dormir quando s’ha sonno.
 LISAURA
 Ho a dirvi un’altra cosa.
 FILIBERTO
25Oimè! Non m’annoiate.
 LISAURA
 Voi vi tenete in casa
 quell’impiccio d’Aurelia
 e non si sa perché.
 FILIBERTO
                                     Morto è suo padre.
 Me l’ha raccomandata.
 LISAURA
30Mi rassembra però troppo sfacciata.
 Eh mandatela via.
 FILIBERTO
                                    Ci pensaremo.
 LISAURA
 Un’altra cosa sola,
 se mi date licenza,
 vi dico e me ne vado.
 FILIBERTO
                                         Oh che pazienza!
 LISAURA
35Io cresco nell’età. Son figlia sola.
 Voi siete un po’ avvanzato
 ed ancor non pensate a darmi stato.
 FILIBERTO
 Oh ci è tempo, ci è tempo.
 Ci pensaremo.
 LISAURA
                              (A far lo stato mio,
40se non ci pensa lui, ci penso io).
 
 SCENA II
 
 FILIBERTO, poi PORPORINA
 
 FILIBERTO
 Non basta il grande impaccio
 d’aver in casa figlie ed allevarle,
 pensar anche bisogna a maritarle?
 PORPORINA
 Serva, signor padrone.
 FILIBERTO
                                            Oh Porporina,
45come stiamo in cucina?
 PORPORINA
                                              Ho un’ambasciata
 di premura da farvi.
 FILIBERTO
                                        Io non ho voglia
 di sentir ambasciate.
 Me la farai stassera.
 PORPORINA
                                       Oh non ci è tempo
 da perdere, signor. Sentite...
 FILIBERTO
                                                      Oibò.
50Che noia.
 PORPORINA
                     Ha qui mandato
 il causidico vostro...
 FILIBERTO
                                       Oh nome odioso!
 PORPORINA
 A dir che tostamente,
 anzi subitamente,
 vi portiate a palazzo...
 FILIBERTO
55Io? Eh non son sì pazzo.
 Non mi vuo’ incomodar.
 PORPORINA
                                               Vi fa sapere
 esser la vostra causa in spedizione.
 FILIBERTO
 Oh che bella ragione!
 Si spedisca. La nuova aspetterò.
 PORPORINA
60Vi vorrà del denar.
 FILIBERTO
                                     Ne manderò.
 Senti, ho un po’ d’appetito,
 fammi una pitancina,
 cara mia Porporina.
 PORPORINA
 Ma spicciatevi prima il palazzista,
65o vestitevi e andate
 o almen qualche risposta a lui mandate.
 FILIBERTO
 Ehi Pasquino.
 
 SCENA III
 
 PASQUINO e detti
 
 PASQUINO
                             Signor. (Di dentro)
 FILIBERTO
                                             Vien qui.
 PASQUINO
                                                                 Non posso.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Fo colazione.
 FILIBERTO
 Poverino, ha ragione.
70Finisci e poi verrai.
 PORPORINA
 (Un più sciocco padron non vidi mai).
 FILIBERTO
 Bisogna compatir la servitù.
 Tutto il dì s’affatica
 e vuol la carità
75che un’ora gli si dia di libertà.
 PASQUINO
 Eccomi. Ho fatto presto?
 FILIBERTO
 Cancaro! Tu sei lesto.
 Sentimi, andar dovrai...
 Dove ha detto? (A Porporina)
 PORPORINA
                                A palazzo.
 FILIBERTO
80Anderai a palazzo,
 cercherai conto di messer Imbroglio.
 Portagli questa borsa.
 Digli che si ricordi
 di sostenere in punto di ragione
85ch’io son chiamato alla sostituzione.
 Digli che il testamento parla chiaro,
 che il testamento io l’ho
 e che, quando bisogni, il cercherò.
 Digli...
 PASQUINO
                Basta. Ih ih, che diavol fate?
90Tante cose in un fiato?
 Voi m’avete imbrogliato.
 FILIBERTO
 Te lo tornerò a dire. Oh che fatica!
 Anderai a palazzo.
 PASQUINO
                                    Ben.
 FILIBERTO
                                               Vedrai
 messer Imbroglio.
 PASQUINO
                                     Sì.
 FILIBERTO
                                             E gli darai
95questa borsa.
 PASQUINO
                            Fin qua me ne ricordo.
 E poi?
 FILIBERTO
                E poi che il testamento io l’ho,
 che non l’ho ancor trovato
 ma ch’io sono il chiamato
 alla sostituzione
100e che sostenga ben la mia ragione.
 PASQUINO
 Caro signor padron, fatemi grazia,
 quella costituzion cosa vuol dire?
 FILIBERTO
 Sostituzione ho detto.
 PASQUINO
 Ma se poi tutto tutto
105quel non dicessi che diceste voi?
 FILIBERTO
 Oh son stanco! Di’ tu che diavol vuoi.
 
    Già te l’ho detto
 cos’hai da fare,
 non mi stancare,
110non m’annoiar.
 
    Via Porporina,
 vanne in cucina,
 la pitancina
 vammi tu a far.
 
115   L’ho detto chiaro, (A Pasquino)
 tu m’hai capito.
 O che appetito. (A Porporina)
 Cara, non farmi
 tanto aspettar.
 
 SCENA IV
 
 PASQUINO e PORPORINA
 
 PASQUINO
120Che mi venga la rabbia,
 se mi ricordo più cosa m’ha detto.
 Basta, a palazzo andrò;
 qualche cosa dirò. (Vuol partire)
 PORPORINA
                                     Ehi, ehi, Pasquino.
 PASQUINO
 Porporina, che vuoi?
 PORPORINA
                                         Così tu parti,
125senza darmi un addio?
 Più bene non mi vuoi, Pasquino mio?
 PASQUINO
 Se ti vuo’ bene! E come!
 Ma per non mi scordar la mia lezione
 io me n’andavo a dire a ser Imbroglio
130del testamento e la costituzione.
 PORPORINA
 Vorrei ti ricordassi
 della tua Porporina.
 PASQUINO
 La sera e la mattina,
 quando mi levo e quando vado a letto
135penso sempre, mia cara, a quel visetto.
 PORPORINA
 Eh tu burli, lo so.
 PASQUINO
                                  No ch’io non burlo.
 Te lo dico di core.
 PORPORINA
                                   Eh furbacchiotto,
 mi vorresti burlar.
 PASQUINO
                                     Per te son cotto.
 PORPORINA
 Via, via, vanne Pasquino;
140la cosa preme assai.
 Vanne e ritornerai poscia da me.
 PASQUINO
 Se premesse al padron, v’andria da sé.
 PORPORINA
 Sai la sua negligenza.
 PASQUINO
 Vado... Ma dove? Oh bella!
145Non mi ricordo più dov’abbia a andare.
 PORPORINA
 A palazzo.
 PASQUINO
                      La borsa l’ho da dare...
 A chi?
 PORPORINA
               A messer Imbroglio.
 PASQUINO
 Messer Imbroglio amato,
 stavolta più di voi sono imbrogliato.
 
150   Ho da dir che il testamento...
 Ho da dir... Non ne so più.
 Porporina, dillo tu...
 Zitto, zitto l’ho trovata.
 Ho da dir ch’è la ragione
155della sua costituzione
 che si deve sostener.
 
    Gran memoria tengo io!
 Ho da dir che il padron mio
 l’ha cercato, l’ha trovato...
160Sì, va bene, lo dirò. (Via)
 
 SCENA V
 
 PORPORINA, poi DORINDO
 
 PORPORINA
 Io mi vuo’ maritar. Pasquino, è vero,
 è un poco sempliciotto; ma talvolta
 un mezzo scimunito
 suol esser per la donna un buon marito.
 DORINDO
165Quella giovine bella.
 PORPORINA
                                        Oh mio padrone,
 chi dimanda?
 DORINDO
                             Sono in casa venuto.
 L’ardir mio condonate.
 PORPORINA
 Ditemi, che volete e chi cercate?
 DORINDO
 Il signor Filiberto
170è in casa?
 PORPORINA
                     È in casa.
 DORINDO
                                         Si potria vedere?
 PORPORINA
 Se avete da parlar di qualche affare
 difficile sarà.
 DORINDO
 Per dir la verità,
 so che siete una giovine prudente,
175di veder lui non me n’importa niente.
 Lisaura bramerei...
 PORPORINA
                                      Ah ah, v’ho inteso.
 Garbato signorino,
 non cercate Marforio ma Pasquino.
 DORINDO
 A voi mi raccomando.
180Permettete ch’io possa
 dirle almen due parole.
 PORPORINA
 Oh no no, non si puole.
 Andate via.
 DORINDO
                        Possibile che siate
 tanto crudele!
 PORPORINA
                             Andate via, vi dico.
 DORINDO
185Vi sarò buon amico.
 So il mio dover.
 PORPORINA
                                Come sarebbe a dire.
 DORINDO
 Io vi regalerò.
 PORPORINA
                             Questi venturi
 non mi piacciono punto. Andate via.
 DORINDO
 Vi prego in cortesia.
 PORPORINA
                                        No no, non posso.
 DORINDO
190Ma perché non potete?
 Porporina, tenete
 questa piccola borsa.
 
 SCENA VI
 
 DORINDO
 
    Senza sentir il danno
 dell’amorose pene,
195esser privo d’affanno
 in grazia al caro bene,
 non v’è piacer più amabile,
 dical chi amor provò.
 
    Misero! No non son io
200felice; e chi mel niega?
 Che più bramar degg’io,
 più desiar non so.
 
 Aria mutata nell’atto primo, scena VI, invece dell’aria «Senza sentir il danno»
 
    Almen se non poss’io
 seguir l’amato bene,
205affetti del cuor mio
 seguitelo per me.
 
    Già sempre a lui vicino
 raccolti amor vi tiene,
 insolito cammino
210questo per voi non è.
 
 SCENA VII
 
 Altra camera nella stessa casa.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
 Sì sì, Cornelio mio,
 amami di buon cuor che t’amo anch’io.
 CORNELIO
 Circa all’amor, mia cara,
 non v’è niente che dir. Siamo felici,
215tu mi vuoi bene a me;
 io voglio bene a te. Ma il punto sta
 che tu dote non hai,
 che io poderi non ho, non ho mestiere;
 e non vorrei che avesse
220il nostro dolce amor presto a finire
 e s’avessimo poi, cara, a pentire.
 AURELIA
 Per questo è ch’io procuro
 alettar co’ miei vezzi
 il signor Filiberto,
225il quale, incatenato
 da quell’arti che a lui poco son note,
 mi vorrà bene e mi farà la dote.
 CORNELIO
 Io per un’altra strada
 tento la nostra sorte.
230Ti è nota quella lite
 che contro Filiberto
 mossa ha il conte?
 AURELIA
                                    Lo so.
 CORNELIO
                                                 Sappi che siamo
 interessati nella lite in terzo.
 Io per il primo, il conte e ser Imbroglio.
 AURELIA
235Come! Anco ser Imbroglio?
 Di Filiberto istesso
 il causidico ancora?
 CORNELIO
                                       Sì, ti pare
 cosa strana? È così. Siam tre d’accordo
 per mandarlo in rovina.
240Il conte fa la principal figura;
 Imbroglio al precipizio apre la strada;
 io vo tenendo Filiberto a bada.
 AURELIA
 Dunque si può sperar che vada bene.
 CORNELIO
 Si può sperar ma dubitar conviene.
 AURELIA
245Voi tre tesa gl’avete
 una terribil rete.
 Io un altro laccio ho teso.
 Dalla rete o dal laccio ei sarà preso.
 CORNELIO
 E noi contenti allora,
250senza che della fame
 v’entri il brutto demonio,
 faremo lietamente il matrimonio.
 
    Bel contento è l’esser sposi
 senz’aver da sospirar.
255Ma poi tutto si scompiglia
 quando grida la famiglia:
 «Pane, pane, mamma mia»;
 oh che brutta sinfonia
 quando pane più non c’è.
 
260   Dura un giorno, un mese o un anno
 il piacer d’amor novello.
 Da principio tutto è bello
 e poi dopo vien l’affanno;
 megl’è stare ognun da sé.
 
 SCENA VIII
 
 AURELIA, poi FILIBERTO
 
 AURELIA
265O bene o mal che sia,
 spesso ben molte donne
 di cuore inavvertito,
 senza filosofar pigliam marito.
 Ma ecco che sen viene
270il signor Filiberto.
 FILIBERTO
                                    Bene, bene, (Verso la scena)
 si farà, si farà, non mi stancate.
 Oh Aurelina, che fate?
 AURELIA
 Benissimo starei,
 se fossi in grazia sua.
 FILIBERTO
275La mia grazia lo sai
 che tutta è tua.
 AURELIA
 S’accomodi un pochino.
 Guardate, poverino,
 egl’è tutto sudato; (Lo asciuga col fazzoletto)
280si sarà affaticato.
 FILIBERTO
                                  Se lo dico.
 Mi voglion far creppare.
 M’hanno fatto cercare
 una scrittura antica.
 L’ho cercata mezz’ora. Oh che fatica.
 AURELIA
285Eh, signor Filiberto,
 io so che vi vorrebbe
 per sollevarvi da cotanti affanni.
 FILIBERTO
 Sì, mia cara Aurellina,
 dite, che vi vorrebbe?
 AURELIA
                                           Una sposina.
 FILIBERTO
290Una sposina? Sì; ma il matrimonio
 porta seco dei pesi,
 il marito dev’esser diligente
 ed io sono avvezzato a non far niente.
 AURELIA
 Vi vorrebbe una moglie
295che sollevar sapesse
 dagl’affari il marito.
 Un’ecconoma esperta
 che sapesse di conti e di scrittura.
 Una che con bravura
300da sé sapesse spendere,
 comprar, cambiare e vendere,
 che con i palazzisti
 sapesse favellare a tu per tu
 e sapesse frenar la servitù.
 FILIBERTO
305Oh il ciel volesse che una donna tale
 ritrovar io potessi,
 non so dire per lei cosa facessi.
 AURELIA
 Per vendere e comprar son nata apposta.
 FILIBERTO
 Oh brava.
 AURELIA
                      So di conti e di scrittura
310e nell’economia son ben sicura.
 FILIBERTO
 Come sei tu informata
 di palazzo e di lite?
 AURELIA
 Oh che cosa mai dite?
 So tutte le malizie
315ch’usano i palazzisti
 per far le cose dritte apparir torte
 e so andar, quando occorre, per le corte.
 FILIBERTO
 Tu sei una gran donna!
 (Davver, che quasi quasi
320io me la pigliarei).
 AURELIA
                                     Quanto è bagiano!
 Spero che il laccio non sia teso invano.
 FILIBERTO
 Dimmi, Aurelia, inclinata
 sei tu pel matrimonio?
 AURELIA
                                             Oh signor no.
 FILIBERTO
 E s’io ti proponessi un buon partito?
 AURELIA
325Quando fosse il marito...
 Come sarebbe a dir...
 FILIBERTO
                                          Via, parla schietto.
 AURELIA
 Mi vergogno davvero.
 FILIBERTO
 Qui nessuno ci sente.
 AURELIA
 Quando fosse il marito come voi...
 FILIBERTO
330Tuo marito sarò, se tu mi vuoi.
 AURELIA
 Ma io povera sono e non ho dote.
 FILIBERTO
 Io, io te la farò.
 AURELIA
 E poi... signore... io so
 che graziosa non sono e non son bella.
 FILIBERTO
335Cara, tu agli occhi miei sembri una stella.
 AURELIA
 
    Oimè cos’è questo
 ch’io provo nel core?
 Nemica d’amore
 son stata finor.
340Adesso per voi
 mi sento languir.
 Ma, caro, ma poi
 di me che sarà?
 
 SCENA IX
 
 FILIBERTO, poi LISAURA
 
 FILIBERTO
 L’ho sempre detto ch’è una buona figlia
345Aurelia, di buon’indole e talento,
 e di prenderla in moglie io son contento.
 Ma quando? Eh si farà! Ma mi potrebbe
 fuggire dalle mani. Andiamo subito,
 pria che qualch’altro amor n’occupi il loco.
350N’andrò ma pria vuo’ riposarmi un poco. (Siede)
 LISAURA
 Signor padre, un affar di gran premura
 mi conduce da voi.
 FILIBERTO
 Di grazia andate e tornarete poi.
 LISAURA
 Il cielo mi presenta
355una buona fortuna.
 FILIBERTO
 Me ne rallegro assai.
 LISAURA
                                        Dorindo, il figlio
 di quel ricco mercante
 mi si è scoperto amante.
 FILIBERTO
 Benissimo, e così?
 LISAURA
                                     Mi brama in moglie.
 FILIBERTO
360Ne parleremo poi.
 LISAURA
 Volea venir da voi
 ma per non annoiarvi ei si trattiene.
 FILIBERTO
 In questo ha fatto bene.
 Io non vuo’ secature.
 LISAURA
365Aspetta la risposta.
 FILIBERTO
                                      Aspetti pure.
 LISAURA
 Dunque, che gl’ho da dire?
 FILIBERTO
 Per or se ne può ire.
 Ci penseremo, tornerà.
 LISAURA
                                             Ma quando?
 FILIBERTO
 Oh l’è lunga!
 LISAURA
                           Io stessa
370da lui ritornerò.
 FILIBERTO
 Da lui? Signora no.
 LISAURA
 Dunque anderete voi.
 FILIBERTO
 Non posso, non ne ho voglia.
 LISAURA
 La civiltà lo vuole.
375Conosco il dover mio;
 se non ci andate voi ci anderò io.
 
    Deh non fate ch’io vi chiami
 crudo padre e dispietato,
 del mio core innamorato
380deh movetevi a pietà.
 
    Lo sapete s’io fui sempre
 rassegnata ed umil figlia;
 ma l’affetto or mi consiglia
 né so dir quel che sarà.
 
 Aria mutata nell’atto primo, scena IX, invece dell’aria «Deh non fate ch’io vi chiami»
 
385   Minacci il padre altero,
 sii fiero o sii sdegnato,
 ma forsi un dì placato
 l’ire cangiar dovrà.
 
    Scorgo del padre mio
390l’interno del suo cuore,
 per me non ha più amore,
 per me non ha pietà.
 
 SCENA X
 
 FILIBERTO, poi PASQUINO
 
 FILIBERTO
 Cancaro! Dall’amante
 risoluta si porta? Andar conviene.
395Ma se sto tanto bene,
 perché ho da levarmi?
 Oh, per ora non voglio incomodarmi.
 PASQUINO
 Son qui, signor padrone.
 FILIBERTO
 Ecco un altro tormento,
400non mi lasciano in pace un sol momento.
 E ben che cosa ha detto?
 PASQUINO
 Chi?
 FILIBERTO
             Il causidico mio.
 PASQUINO
                                             Non l’ho veduto.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Perché un po’ tardi
 a palazzo, signor, sono arrivato
405e il causidico già se n’era andato.
 FILIBERTO
 Non importa! Stassera
 l’andrai a casa a ritrovar.
 PASQUINO
                                                Gnorsì.
 FILIBERTO
 Dammi dunque la borsa.
 PASQUINO
                                                Eccola qui.
 FILIBERTO
 Questi pochi denar son risparmiati.
 PASQUINO
410Li volete contar?
 FILIBERTO
                                 L’ho già contati.
 Li porrò nello scrigno.
 Ma incomodar non mi vorrei. Pasquino
 tieni le chiavi... No... Fidarsi troppo
 non sta bene. Adesso. Porporina.
 
 SCENA XI
 
 PORPORINA e detti
 
 PORPORINA
415Signor.
 FILIBERTO
                 Il tavolino
 porta e lo scrigno. Aiutale, Pasquino.
 PORPORINA
 Subito. (Pesa poco, è ormai finito).
 PASQUINO
 (Volea darmi le chiavi e si è pentito).
 PORPORINA
 (Chi non si fida merta esser gabbato).
 PASQUINO
420(Di trapolarlo il modo ho già pensato).
 PORPORINA
 Ecco lo scrigno.
 FILIBERTO
                               Tieni, aprilo tosto.
 PORPORINA
 E ho aperto.
 FILIBERTO
                          Brava.
 PORPORINA
                                         Altro da noi comanda?
 FILIBERTO
 Andate pur; da me mi divertisco.
 PORPORINA
 Serva, signor padron. (Parte)
 PASQUINO
                                           La riverisco. (Parte)
 FILIBERTO
 
425   Scrigno caro, bello bello,
 te ne vai così pian piano
 ed ormai non ve n’è più.
 
 PORPORINA
 
    Ehi, signor, siete chiamato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi vuole?
 
 PORPORINA
 
                             Il palazzista.
 
 FILIBERTO
 
430Oh che vita, amara e trista!
 Vada via, ritornerà.
 
 PASQUINO
 
    Ehi, signor, siete cercato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi brama?
 
 PASQUINO
 
                               È un cavaliere.
 
 FILIBERTO
 
 Vada via, ritornerà.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
435(Ed ancor non se ne va?) (Fra loro)
 
    Sì signor, ghe lo diremo. (Verso la scena)
 
 FILIBERTO
 
 Con chi dite?
 
 A DUE
 
                            Una parola,
 una cosa sola sola
 vi vuol dire e se ne va.
 
 FILIBERTO
 
440Oh che pena!
 
 A DUE
 
                            (Se ne va). (Fra loro di Filiberto)
 
 FILIBERTO
 
 Oh che rabbia! (Parte)
 
 A DUE
 
                                (Se ne va). (Fra loro come sopra)
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
    Se n’è andato, se n’è andato
 e lo scrigno è spalancato. (Rubano due borse)
 Prendi, prendi, piglia, piglia.
445Presto, presto, ch’egli è qua.
 
 FILIBERTO
 
    Cosa fate? (Torna)
 
 A DUE
 
                          Niente, niente. (Nascondono le borse)
 
 FILIBERTO
 
 Cos’è questo? (Se n’accorge)
 
 A DUE
 
                            Nulla, nulla. (Vogliono nascondere)
 
 FILIBERTO
 
 Vuo’ sapere.
 
 PORPORINA
 
                          A una fanciulla?
 
 FILIBERTO
 
 Vuo’ cercare. (In tasca)
 
 PASQUINO
 
                            Ad un zitello?
 
 FILIBERTO
 
450Birboncello l’ho trovato. (Trova la borsa)
 Disgraziata m’hai rubato. (Fa lo stesso)
 Presto andate via di qua.
 
 PORPORINA
 
    Io non sono.
 
 PASQUINO
 
                             È stata lei.
 
 FILIBERTO
 
 Sei bugiardo, ardita sei.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
455Perdonate per pietà.
 
 FILIBERTO
 
 Presto andate via di qua.
 
 Fine dell’atto primo